MARE E MONTI

La varietà del paesaggio Teramano offre in pochichilometri una grande scelta di prodotti d’eccellenza.
Dal pesce azzurro all’olio extravergine d’oliva, dalla pasta di grano duro a formaggi e salumi.
Senza dimenticare i superbi vini

Pastorizia, pesca, agricoltura... Questo ci mostra la “cartolina” del territorio abruzzese e del Teramano in particolare. Con il suo contrasto immediato e netto tra la fascia costiera e l’Appenino, che con il Gran Sasso e i Monti della Laga ha qui i suoi rilievi più maestosi. E a collegare mare e montagna una serie di valli e colline coperte da vigne e oliveti che si alternano a campi di cereali. Tradotto in termini gastronomici, questo paesaggio significa pesce azzurro e pesci da zuppa, olio extravergine d’oliva, vini, pasta di grano duro, formaggi e salumi. Tutti prodotti nel raggio di pochi chilometri.

La quota del marinaio
Piatto tipico del litorale teramano è il brodetto alla Giuliese (da Giulianova, centro balneare in provincia di Teramo), classico intingolo di pesce, diverso da quello marchigiano o vastese. La sua origine risale alla cosiddetta “scafetta” ossia a quella parte (meno nobile) del pescato che spettava ai marinai dopo l’ultima retata, prima del rientro in porto. Pesce azzurro, innanzitutto, e poi sogliole, polpi, triglie, scorfani, rane pescatrici, seppie, totani... La bravura nella preparazione sta nel cucinare progressivamente i vari tagli a seconda del loro tempo di cottura, senza mescolare, ma agitando a dovere la teglia per amalgamare il tutto. Altra caratteristica: il servizio nei classici “cocci” di terracotta, importanti per mantenere la giusta temperatura. Tipica prelibatezza, le pannocchie soffocate: cicale di mare preparate un tempo a bordo dei pescherecci usando un panno imbevuto di acqua marina.

Pascoli e oliveti
In una regione vocata alla pastorizia, è ovvio che i prodotti caseari la facciano da padrone. Su tutti il pecorino (fresco o stagionato) e la ricotta di pecora. Tra le varietà locali, la giuncata dei monti teramani, fresca e profumatissima. Un misto di latte bovino e ovino si usa invece per l’altrettanto celebre caciotta, a volte insaporita con il peperoncino locale. Meno diffusa, ma non meno pregiata, la produzione di caciocavallo. Quanto all’olio, ne parlava già Catone Censore nel suo trattato sull’agricoltura De re rustica, nel II sec. a.C. È l’extravergine Petruziano delle colline teramane, oggi una Dop ottenuta al 75% dalle varietà Leccino, Frantoio e Dritta e per il restante 25% da cultivar locali come Tortiglione, Carbonella e Castiglioncese. Colore giallo-verdognolo, odore e sapore fruttato medio con cenni di amaro e piccante sono le sue caratteristiche organolettiche.

Basta la materia (prima)
Semola di grano e acqua. In fondo per fare una buona pasta non ci vuole molto, ma il punto è proprio questo: la qualità delle materie prime. Il clima abruzzese è ideale per ottenere frumento a grano duro della migliore qualità. Anche l’abbondanza di acqua da sorgenti purissime facilita l’ottenimento di un impasto omogeneo. La trafilatura al bronzo conferisce poi la porosità indispensabile per trattenere il condimento e infine l’essiccazione a bassa temperatura prolungata nel tempo consente di ottenere un prodotto d’eccellenza. Che siano i classici spaghetti, i cannelloni oppure maccheroni e fettuccine alla “chitarra”, dal nome del tagliere in legno di origine contadina usato per ottenere questi formati di pasta.

Fette da spalmare
Sul fronte delle carni, dire Abruzzo significa innanzitutto arrosticini. Si tratta di spiedini con pezzetti di carne ovina cotti alla brace. Da accompagnare a fette di pane casereccio cosparse di olio d’oliva e “bagnati” naturalmente da un Montepulciano d’Abruzzo. Sul fronte dei salumi spicca la ventricina teramana, impasto di carni di suino magre (spalla e ritagli) e grasse (guanciale, lardo). Al pari del confinante ciauscolo marchigiano, ha la caratteristica di essere spalmabile e dunque particolarmente adatto ad aperitivi, pic nic o merende.

Oro rosso
Tra i massicci del Gran Sasso e del Sirente si trova l’altopiano di Navelli, cuore di una delle produzioni tradizionali più qualificate di Crocus Sativus, dai cui stigmi essiccati si ricava lo zafferano dell’Aquila dop (www.zafferanodop.it). Pochi chilometri quadrati per produrre la spezia ritenuta dai buongustai tra le migliori del mondo. La fama dello zafferano dell’Aquila è testimoniata da documenti risalenti al XV sec. e, come allora, la lavorazione può avvenire solo a mano. Siccome gli stigmi sono solo tre per ogni fiore, per ottenere un grammo di prodotto (fili o polvere) servono almeno 200 fiori. Ma un solo grammo è sufficiente per insaporire 10 portate.

Dulcis in fundo
Per quanto riguarda la pasticceria, due sono i dolci regionali abruzzesi più noti e apprezzati: il Pan Ducale di Atri e il Parrozzo di Pescara. L’uno di origine medievale, l’altro invenzione novecentesca. La ricetta del Pan Ducale prevede farina, uova, zucchero e mandorle cui, dall’800, si è aggiunto il cioccolato. Il nome deriverebbe dal fatto che, arrivato nel 1395 sulla tavola del duca d’Atri come dono dei suoi sudditi, fu tanto apprezzato dal nobile che ne volle uno ogni giorno per i suoi commensali. Il Parrozzo nasce invece nel 1927 nel laboratorio di Luigi D’Amico che volle riprodurre in dolcezza il “pane rozzo” (nero) dei contadini. Fecola, farina, uova, crema di latte, zucchero e mandorle vengono lavorate in uno stampo a calotta e il tutto viene ricoperto di cioccolato. Il risultato è davvero identico al rustico originale. Eccetto il sapore. Tra i frequentatori del locale di D’Amico c’è Gabriele D’Annunzio che dedica al nuovo dolce un sonetto dialettale che comincia così: “È tante ‘bbone stu parrozze nove che pare ‘na pazzia de san Ciattè...”. San Cetteo è il patrono di Pescara. Oggi, in città, in viale V. Pepe 41, gli eredi di Luigi D’Amico gestiscono il locale chiamato Ritrovo del Parrozzo Luigi D’Amico.

 

 

Un re e quattroassi in bottiglia

Tra i vitigni tradizionali abruzzesi a bacca rossa spicca il Montepulciano d’Abruzzo, indiscusso re dell’enologia locale coltivato su oltre il 50% della superficie a vite. In purezza dà un vino di corpo, rosso rubino intenso a volte vicino al granata, di sapore secco e amabile, corposo e idoneo all’invecchiamento. Tradizionalmente da pasto, si accompagna con i celebri insaccati regionali, con i primi piatti al ragù, i secondi di carne e i celebri formaggi locali. Vinificato in bianco, ossia senza bucce nel mosto, dà la variante rosata detta Cerasuolo. Ottimo anche con piatti di pesce. Tra i bianchi, l’Abruzzo propone un poker d’assi composto da Trebbiano d’Abruzzo (sapore asciutto e armonico, profumo delicato e gradevole, ampio bouquet) e tre vitigni autoctoni più di nicchia: Passerina, Pecorino e Cococciola.