Cremona, scrigno di bontà

Capolavori d’arte ed eccellenze gastronomiche, come il classico torrone. E un artigianato che richiama appassionati ed esperti da tutto il mondo: la liuteria

Una scatola sonora ricolma di delizie. Potrebbe essere questa la sintesi che comprende l’essenza di Cremona. A partire dal cuore del centro storico, quella piazza del Comune che può certamente essere annoverata tra le più belle d’Italia. Una piazza di armonica bellezza Il Torrazzo e la Cattedrale su un lato, la Loggia dei Militi e il Palazzo Comunale su quello opposto e il Battistero a chiudere e raccordare gli spazi. La piazza del Comune di Cremona è un insieme di armonica bellezza, nonostante le secolari trasformazioni: dal XII secolo (il 1107 è l’anno di fondazione del Duomo, come ricorda la lapide originale nella Sagrestia del Canonici)
fino all’800, con il rifacimento della facciata del Comune. L’apice architettonico resta l’arte romanico-gotica dei secoli XII-XIV: da non perdere il Fregio dei Mesi sotto la loggia del protiro di scuola dell’Antelami, che rappresenta un esempio di continuità tra passato e presente. Mietitura, trebbiatura, semina, vendemmia si fanno oggi come ieri, con l’alternarsi delle stagioni. Per vedere dal vero quegli stessi strumenti agricoli scolpiti nella pietra basta raggiungere la cascina Cambonino Vecchio, un tempo in campagna oggi inglobata nella periferia nord, accanto alla statale per Milano, dove ha sede il Museo della Civiltà Contadina. Una cascina
ristrutturata e restaurata, alcune parti della quale risalgono al XVI secolo. Esempio perfetto di curtis medievale dove, fino al secondo dopoguerra, la vita era scandita dalla campanella del fattore in una rigidissima e immutabile piramide sociale che andava dal proprietario terriero al bracciante. Oltre al museo, la cascina ospita la sede degli Amici della Cucina Cremonese (www.amicicucinacremonese.it). La bella favola del signor Enea Ma torniamo alla Cattedrale per godere i capolavori custoditi al suo interno. A cominciare dal ciclo di affreschi che corre lungo la navata centrale: due secoli di grandi artisti dal Rinascimento al Manierismo, come Boccaccino, i Campi, il Romanino e il Pordenone. Per avere un’idea della ricchezza culturale della città nel 4-500
ci sono poi due altri punti d’interesse: la chiesa bramantesca di San Sigismondo, nei sobborghi a est, sulla strada per Casalmaggiore, e la chiesa di Santa Margherita (detta di Santa Rita), nel centro storico. Veri gioielli d’architettura e pittura. San Sigismondo sorge sul luogo in cui, nel 1441, in una cappelletta in mezzo ai campi, fu celebrato il matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti che determinò il cambio di dinastia ai vertici del ducato di Milano. Quando nel 1836 l’industriale dolciario Enea Sperlari aprì il suo negozio in via Solferino e avviò la produzione del torrone, cercò di nobilitare la sua iniziativa con una bella favola. E così nacque la leggenda secondo la quale, alle nozze ducali, cuochi cremonesi avrebbero inventato il dolce a base di uova, mandorle e miele dandogli la forma e il nome del campanile della Cattedrale: torrione, ossia Torrone. Il marketing non era ancora stato inventato, le sue strategie sì.
Il “segreto” di Stradivari In alcune tarsie lignee del coro della Cattedrale (di Giovanni Maria Platina, 1490) sono raffigurati alcuni liuti mentre un protoviolino è modellato in stucco nelle decorazioni cinquecentesche dell’organo. Negli affreschi coevi di Giulio Campi nella chiesa di San Sigismondo, il re Davide impugna un lirone da gamba, l’antenato del violoncello. Se tre indizi fanno una prova, ciò significa che il violino l’hanno inventato qui, nel XVI secolo. Violini degli Amati, di Stradivari e Guarneri del Gesù sono il cuore del Museo del Violino (www.museodelviolino.org) ricavato nell’ex Palazzo dell’Arte, opera non irrilevante di Razionalismo ‘900 dell’architetto napoletano Carlo Cocchia. Sicuramente a colpire di più il profano che visita il museo è l’apparente semplicità dell’arte messa a punto cinque secoli fa dai liutai cremonesi e seguita pedissequamente ancora oggi: non c’è alcun segreto nella vernice, né tanto meno patti col diavolo o altre fumisterie romanticheggianti. L’unico, autentico “segreto” di Stradivari è che i suoi violini sono tutti uno diverso dall’altro pur nell’assoluta uguaglianza di forma estetica. Diversi nello spessore delle tavole, nel colore, nel numero
di strati, consistenza e composizione delle vernici. Il che significa una sola cosa: che gli Stradivari sono ancora strumenti perfetti perché il loro artefice aveva una straordinaria capacità di interpretare le caratteristiche dei legni che utilizzava ed era in grado di ottenere il massimo dalla loro composizione. Come il corpo di un violino Ma l’intera città è un museo vivente visto che oltre 150 liutai di tutto il mondo hanno aperto qui le loro botteghe. Sempre disponibili per una visita e spiegazioni su questo affascinante artigianato artistico incluso dall’Unesco nel suo Patrimonio Immateriale. Via Robolotti, a due passi dal Duomo, è una sorta di “via dei liutai” mentre Gaspar Borchardt e sua moglie Sibylle Fehr hanno la bottega affacciata alla piazza della cattedrale nell’edificio che, nel ‘700, era l’Albergo della Colombina (c’è ancora l’insegna: una colomba scolpita sotto il balcone) dove prese alloggio Mozart durante il suo soggiorno cremonese.
Un secolo dopo (1890) anche Johannes Brahms passò di qui e ammirò nello splendore del chiaro di luna la cattedrale rimanendo, lo annota il suo biografo, “stupefatto dall’aspetto grandioso della facciata marmorea che incombeva con favolosi contorni romantici”. Perché se si scrive liuteria è inevitabile leggere musica. E il Museo del Violino comprende anche un Auditorium (intitolato all’industriale-mecenate Giovanni Arvedi) che sembra a sua volta la cassa armonica di uno strumento. Interamente rivestito di legni pregiati, dalle sinuose forme curve per un’acustica perfetta e con la pedana degli esecutori al centro, circondata dal pubblico. Sede di appuntamenti di alto livello tra cui (il 18 dicembre, anniversario della morte) lo Stradivari Memorialday con i cameristi di Scala, Rai e Santa Cecilia. Dunque Cremona città della musica. Qui sono nati Claudio Monteverdi, “inventore” del melodramma, e Amilcare Ponchielli, insigne operista e maestro di Puccini e Mascagni al Conservatorio di Milano. A Ponchielli è dedicato il bel teatro neoclassico di corso Vittorio Emanuele, che ogni anno propone una ricca stagione operistica e concertistica.
E in bici, via col Ven-To Se dal Teatro Ponchielli si prosegue verso la periferia, si arriva in breve alla naturale appendice della città: al suo fiume, il Po, che oggi per Cremona rappresenta una enorme risorsa naturalistica. Declinata d’estate nel turismo fluviale con navi da crociera (Navipo, tel. 3388008787 www.navipo.it) e, tutto l’anno, in percorsi ciclopedonali. Sugli argini maestri corre il tracciato della Ciclabile Ven-To, segmento locale dell’ambizioso progetto di collegamento tra Torino e Venezia lungo l’asta del fiume. Del resto Cremona è realmente una città a misura di bicicletta e la popolazione ha la bici nel Dna. Non a caso la città è la prima in Lombardia negli spostamenti in velocipede per numero di abitanti. A sua volta, il centro storico, con le sue stradine acciottolate, sembra fatto apposta
per la mobilità sostenibile. Anche per visitare il Museo Archeologico, nell’ex chiesa di San Lorenzo, e la ricca Pinacoteca in Palazzo Ugolani-Dati (opere di Caravaggio, El Greco e l’Arcimboldo che ha ispirato Foody, il logo di Expo-Milano 2015). Ma restiamo in riva al Po, precisamente alle Colonie Padane volute nel 1936 dal ras fascista di Cremona Roberto Farinacci (la “suocera del regime”) e realizzate dall’ing. Carlo Gaudenzi a forma di nave. Di proprietà comunale, nel dopoguerra la struttura ha
conosciuto decenni di abbandono e degrado fino al recupero integrale e filologico di due anni fa che ha restituito a cremonesi e turisti un esempio straordinario di architettura razionalista del ‘900 immersa in un parco ricchissimo
di essenze vegetali autoctone. Dal vascello... ai fagioli Proprio per il secolare, strettissimo rapporto tra città e fiume, Cremona era chiamata metaforicamente Magna Phaselus ossia Grande Vascello, in latino. Lo ricordava la forma allungata del centro storico, con l’albero maestro del Torrazzo al centro, il castello (che oggi non esiste più) a prua (ovest) e i bastioni di San Michele e Porta Mosa (che esistono ancora) a est, ossia a poppa. E il Po a lambire le mura a sud. L’ironia popolare trasformò subito l’aulico appellativo nel più prosaico magna fasoi (mangia fagioli) con riferimento alla dieta delle classi più umili. Del resto, ai primi del ‘500, Teofilo Folengo scriveva: “Se desideri mangiar fagioli, vai a Cremona” e ancora oggi il piatto tipico cremonese di Ognissanti (e delle feste successive) è fagioli con le cotiche. Infatti, nel Fregio dei Mesi del Duomo, novembre è rappresentato dall’uccisione del maiale. Equidistante da Mantova e Parma, anche Cremona non scherza in fatto di gastronomia: dal Grana Padano al Provolone, per quanto riguarda i formaggi, alla Mostarda, frutta mista candita in sciroppo di senape, da abbinare ai classici bolliti. I cui ingredienti principali sono: polpa di manzo, biancostato, testina e lingua di vitello, salame da pentola, gallina, un pezzo d’osso di manzo e verdure di stagione. Altro comparto d’eccellenza, i salumi con il Salame Cremona igp in testa, ottenuto da carni aromatizzate con sale e aglio pestato, insaccate in budello e stagionate da 5 settimane a 4 mesi. Un detto locale vuole che “la fetta stia in piedi da sola”, ovvero il taglio deve essere spesso per esaltare morbidezza e pastosità della grana. Ancora un tuffo nel passato: il freddoloso gennaio del Fregio dei Mesi mostra salami appesi al fuoco. Sul fronte dolciario, da ricordare la Sbrisolosa Cremonese, fatta con farina di mais, strutto e granella di mandorle. Da consumare sola, con crema pasticcera o crema di cioccolato. Tipici anche la Cotognata, polpa di mele cotogne e zucchero, e il Pan Cremona, variante locale della torta Paradiso messa a punto nel laboratorio della pasticceria Lanfranchi. 

Mangiare e dormire

Ristorante Il Violino via Sicardo 3, tel. 0372461010 www.ilviolino.it Cucina classica lombarda modernamente reinterpretata.

Dellearti Design Hotel via Geremia Bonomelli 8, tel. 037223131 www.dellearti.com Un 4* di recente costruzione che unisce comfort e stile.

Shopping Pasticceria Lanfranchi via Solferino 30, tel. 037228743 www.pasticcerialanfranchi.it Un’istituzione, più che un negozio.

Negozio Sperlari via Solferino 25, tel. 037222346 www.shop.sperlari1836.com Altro tempio della gastronomia cremonese.

Latterie Sapori Nostrani via Giovanni Maria Platina 14, tel. 037223375 Il posto giusto per formaggi e salumi.

 

Come arrivare In auto:

Uscita Cremona sull’autostrada A21 Piacenza-Brescia.

In treno: Stazione Fs sulla linea regionale Trenord (www.trenord.it) Milano-Mantova. Collegamenti con il capoluogo lombardo ogni 2 ore. Collegamenti giornalieri anche con le stazioni di Piacenza e Fidenza sulla linea Milano-Bologna e con le stazioni di Treviglio e Brescia sulla linea Milano-Venezia. Bikesharing In città funziona un servizio di bikesharing con 8 postazioni nei principali punti di interesse e nelle stazioni. Abbonamenti e info: www.bicincittà.com

 

INFO Infopoint Cremona Turismo Piazza del Comune 5 (portici di Palazzo Comunale), tel. 0372407081 www.turismocremona.it Connessione Wifi Free presente in gran parte del centro storico, nelle stazioni ferroviarie e bus e al centro sportivo al Po. www.musei.comune.cremona.it

App Easytour Cremona: per smartphone, ipod, tablet, consente di entrare nella storia della città, alla scoperta
di una Cremona sconosciuta, segreta, raccontata dai suoi “vecchi”, che sono la memoria più bella e più autentica. Smart City Center Cremona: per informazioni su offerte, eventi, servizi, promozioni direttamente pubblicate da negozi, imprese ed associazioni locali e per aggiornamenti su tutto ciò che succede in città.